La lettura combinata degli articoli 1 e 2 della legge 184/83 mette in evidenza che l’allontanamento dei minori dal loro nucleo familiare è realizzabile soltanto dopo aver posto in essere interventi di sostegno e aiuto economico (art. 1, comma 2) e di ogni altro tipo (art. 1, comma 3) ed averne riscontrato l’inefficacia. Fanno eccezione a ciò i soli casi di “necessità ed urgenza” (art.2, comma 3). Secondo questi criteri le risultanze statistiche dovrebbero evidenziare una situazione a piramide, nella quale la fascia numericamente più nutrita dovrebbe essere quella del “sostegno alle famiglie a rischio” finalizzato alla prevenzione degli allontanamenti.
Sempre più forte è la consapevolezza di dover “cambiare registro”. Vari sono i segnali positivi. Se ne citano alcuni:
• la scelta della Regione Veneto di allargare il tema dell’accoglienza familiare, istituendo i CASF – Centri per l’affido e la solidarietà familiare, ciascuno dei quali: «si colloca in una dimensione di confine tra il mondo dei servizi e il territorio, la comunità locale. Mantiene sempre l’ottica della promozione del territorio, è attivatore di processi … mantiene alta un’idea ampia di accoglienza … il sostegno a progetti di prossimità … di vicinanza solidale» (1);
• la presenza, nelle recenti linee nazionali di indirizzo per l’affidamento familiare, che inquadrano i progetti di affido come dei paragrafi di più ampi “progetti quadro” di presa in carico dell’intero nucleo familiare;
• il programma P.I.P.P.I. (Programma di Intervento per la prevenzione dell’istituzionalizzazione) promosso dal Mistero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il supporto tecnico del LABRIEF (Laboratorio di ricerca e intervento in educazione familiare) dell’Università degli Studi di Padova, il quale prevede interventi intensivi su 100 nuclei familiari (di 10 diverse città d’Italia) e mira ad «individuare, sperimentare, monitorare, valutare e codificare un approccio intensivo, continuo, flessibile, ma allo stesso tempo strutturato, di presa in carico del nucleo familiare, capace di ridurre significativamente i rischi di allontanamento del bambino o del ragazzo dalla famiglia di origine e/o di rendere l'allontanamento, quando necessario, un'azione fortemente limitata nel tempo facilitando i processi di riunificazione familiare» (2).
La grande varietà dei disagi e delle difficoltà di cui le famiglie sono portatrici chiede che gli operatori sociali sappiano essere come di “buoni artigiani” di Mills, i quali scelgono «di volta in volta quale procedimento seguire» (3).
(1) Regione Veneto (2008), Le linee guida 2008 per i servizi sociali e sociosanitari. L’affidamento in veneto. Cultura, orientamenti, responsabilità e buone pratiche per la gestione dei processi di affidamento familiare.
(2) Citazione tratta dalle diapositive di presentazione del programma “PIPPI”, presentate dalla prof.ssa Paola Milani nell’autunno 2012.
(3) Mills C.W. (1959), The Sociological Immagination, Oxford University Press, New York.
SPUNTI PER IL CONFRONTO
Famiglie di supporto, Buon vicinato, solidarietà di quartiere, banche del tempo della solidarietà familiare … queste e molte altre le “nuove formule” sperimentate in questi anni. Quali i punti di forza e di debolezza riscontrati?
In quale misura, a quali condizioni e con quali interventi è possibile “potenziare le competenze genitoriali” delle famiglie con serie difficoltà educative?