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19/01/10

TERREMOTO HAITI - Gli occhi dei bambini


Un dramma nel dramma: è quello dei bambini di Haiti ai quali il terremoto ha tolto tutto. Neanche gli orfanotrofi sono rimasti in piedi, per questo, in Italia, il presidente della Commissione per le adozioni internazionali (Cai), Carlo Giovanardi, ha parlato di un grande piano di adozioni, successivo ad un censimento che serva a capire quanti sono i bambini sopravvissuti ad Haiti dopo il sisma e soprattutto quanti di essi siano rimasti completamente soli al mondo. L’Italia è pronta a fare la sua parte: Giovanardi ha, infatti, annunciato l’arrivo di un milione di euro dai fondi destinati alle adozioni internazionali. Non per tutti i bambini abbandonati, però, è ipotizzabile l'adozione; per alcuni l'affido sembra la strada migliore.

Il diritto a una famiglia. “Il bambino abbandonato non deve stare in un Paese se non c'è la prospettiva che questo piccolo possa essere accolto come un figlio”, sostiene il presidente dell'associazione “Amici dei bambini”, Marco Griffini. Il problema, però, è “stabilire se effettivamente questi bambini sono abbandonati”. In questo senso, “si debbono verificare le cifre impressionanti che circolano”. C'è, poi, “la grande preoccupazione di rintracciare questi bambini e di come metterli in sicurezza. Se non è possibile accoglierli in modo sicuro ad Haiti, bisogna spostarli”. In una riunione sull'emergenza, che si è svolta il 18 gennaio, è venuta un'idea: “Chiedere alle navi da crociera Costa di metterne qualcuna a disposizione per creare dei campi provvisori per mettere in sicurezza i bambini”. All'emergenza si aggiunge un problema “caratteristico di Haiti”, con la presenza, “già prima del dramma, di istituti con cinquecento/seicento bambini. Sono realtà – sottolinea il presidente di Aibi – che non troviamo in nessuna altra parte del mondo. Una delle idee che stiamo valutando è l'affido internazionale”. Si tratterebbe, spiega Griffini, di “recuperare i bambini abbandonati e portarli in Italia, sotto la garanzia di enti come il nostro, che si fanno carico della temporaneità dell'affido: risolta l'emergenza e rintracciati i parenti, il bambino tornerebbe ad Haiti”. Per quanto riguarda le adozioni internazionali, “è possibile quando il bambino è dichiarato abbandonato e non so chi è in grado, in questo momento, ad Haiti di decidere sull'abbandono del minore, anche perché è difficile verificare che non ci sia un parente in vita da qualche parte. Diverso il discorso per i bambini che si trovavano negli istituti e già dichiarati abbandonati”. Tante famiglie italiane si dicono disponibili ad accogliere: “Quelle che non hanno già fatto richiesta di adozione internazionale – evidenzia il presidente di Aibi – possono pensare all'affido internazionale. Anche noi siamo subissati di telefonate di famiglie che si rendono disponibili ad accogliere”.

Un progetto di vita. “Ci sono vari elementi da considerare nell'intervento di sostegno ai bambini di Haiti”, dichiara Marco Giordano, responsabile del settore affido dell'associazione “Progetto Famiglia onlus”. “Vi sono nuclei familiari completamente distrutti – prosegue – e altri dove ci sono parenti ancora vivi, a cui poter affidare i minori abbandonati. Bisogna considerare poi l'età degli orfani: per i più piccoli è possibile pensare anche ai percorsi classici dell'adozione, magari accelerando le procedure di dichiarazione di adottabilità. Per i preadolescenti e gli adolescenti i percorsi di accoglienza in famiglie italiane potrebbero avere un senso. La sciagura, comunque, è stata così grande che l'accoglienza in famiglia non potrà esaurirsi in qualche mese, ma in affidi di lungo termine, superando anche il limite stabilito dei 24 mesi, quando è nell'interesse del minore”. Per Giordano, “occorre pensare per questi ragazzi un progetto di vita: ci dovrebbe essere una presa in carico per un percorso più ampio, che preveda anche la formazione professionale. Un domani questi giovani potrebbero anche tornare ad Haiti, se lo volessero, ma con un bagaglio tale da poter contribuire a risollevare le sorti del Paese”. Un altro aspetto importante, secondo l'esperto, è “valutare con attenzione chi prende in affido questi minori. Sul versante delle adozioni internazionali c'è già un sistema definito di enti accreditati”. A giudizio di Giordano, “innanzitutto bisognerebbe evitare di ricorrere per queste esigenze di affido al bacino delle famiglie disponibili all'adozione, dove ci sono aspettative diverse: avere un figlio per sempre”. Piuttosto, meglio rivolgersi a “due reti che in Italia seguono l'iter dell'affido: la prima è quella dei servizi sociali territoriali. Da alcuni anni in Italia esiste il Cnsa (Coordinamento nazionale servizio affidi pubblici), che potrebbe essere un ottimo interlocutore in questa situazione perché, a livello provinciale, hanno già elenchi di famiglie affidatarie formate e accreditate”. Il secondo interlocutore potrebbe essere “quello delle reti di volontariato, nazionali, interregionali o regionali, che promuovono l'affido: anche in questo caso – conclude Giordano – non ci troviamo di fronte a famiglie solitarie che si improvvisano nell'accoglienza, pur con tutta la buona volontà e le migliori intenzioni possibili, ma a famiglie che fanno già un cammino di condivisione e formazione proprio sull'affido”.

(AGENZIA SIR)

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Extra: AGENZIA SIR