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Settimana del Diritto alla Famiglia: la proiezione del film “Unplanned” con i ragazzi
DI CECILIA GALATOLO
La Federazione Progetto Famiglia sta portando avanti una settimana ricca di eventi, iniziata il 20 maggio, dedicata al Diritto alla Famiglia. Nel giorno di mercoledì 22 maggio, alle ore 20,30, presso la Sala Illiano, Cittadella della Carità – Angri (SA), verrà proiettato il film “Unplanned”, tratto dalla storia vera di Abby, ex direttrice di una clinica abortista.
Protagonista del film “Unplanned” – prodotto dalla Dominus Production e tratto da un libro autobiografico (“Scartati. La mia vita con l’aborto”, Rubbettino, 2015) – è Abby Jhonson: direttrice, da otto anni, di una clinica abortista negli Stati Uniti.
Lavora, infatti, per Planned Parenthood, un’istituzione “sanitaria” statunitense nata per promuovere, almeno sulla carta, la “pianificazione familiare e la tutela delle donne”. Questa istituzione, finanziata dal Governo americano, è stata oggetto di scandali, perché ha creato un vero e proprio business sull’aborto (si pensi che è stata coinvolta in reati come la vendita di tessuti embrionali di feti abortiti).
Abby crede a lungo nella bontà del suo lavoro: è una persona onesta, che pensa, in cuor suo, di aiutare le donne, quando permette loro di porre fine ad una gravidanza. Tra l’altro, lei stessa ha abortito due volte – in passato, quando stava “con gli uomini sbagliati” – e si autoconvince che, a volte, non c’è alternativa.
Si impegna così tanto nella sua professione di dirigente della clinica che ottiene vari riconoscimenti, tra cui quello di “dipendente dell’anno”.
Abby non è serena, però: in fondo sa che qualcosa non va, rispetto a ciò che fa e sulla scelta di aver abortito lei stessa, ma cerca di non ascoltare i dubbi che spesso la assalgono. Vuole convincersi che dietro alla sua istituzione e al suo essere pro-choice ci sia un fine umanitario.
Le false certezze che ha iniziano a vacillare il giorno in cui il suo capo, Cheryl, espone il nuovo “obiettivo aziendale”: raddoppiare il numero degli aborti, per avere più finanziamenti statali.
In quella circostanza, inizia a realizzare che fa parte di una “macchina di morte” e che lo scopo reale che si cela dietro non è affatto tutelare la salute delle donne (incentivando l’educazione sessuale), ma guadagnare sul dolore di quelle madri mancate. “C’è chi vende auto, chi vende aborti – dice Cheryl, seccata per le domande pungenti di Abby, che vuole vederci più chiaro – è con l’aborto che ti pago le vacanze”.
Aiutata anche da suo marito, convinto sostenitore pro-life, Abby riesce ad ammettere che dietro all’aborto c’è un vero e proprio business; tuttavia, non è semplice per lei tagliare con il suo passato, con tutto ciò che ha sempre sostenuto e creduto.
Il “no” definitivo a quel mondo e a quella posizione rispetto all’aborto, arriverà un giorno in cui Abby collabora materialmente all’aborto
In quel bimbo “aspirato via” lei vede sua figlia, Grace. Finito l’intervento, sconvolta, lascia il lavoro senza preavviso, chiederà perdono a Dio, diventerà attivista pro-life, farà di tutto per aprire altri occhi e per aiutare davvero le donne, senza che arrivino a rinunciare ai loro figli.